Il 3 maggio 1945 rappresenta per Fiume/Rijeka una data di straordinaria densità simbolica, collocata al crocevia tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio di una nuova epoca politica. L’ingresso delle truppe partigiane jugoslave nella città avvenne dopo settimane di bombardamenti, scontri periferici e distruzioni operate dalla Wehrmacht in ritirata. A partire da quella data, Fiume passò sotto il controllo dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, segnando così l’uscita definitiva della città dalla sovranità italiana e il suo avvio verso l’integrazione nella nuova Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia.
🧭 Una città sospesa tra l’abbandono e l’ingresso
Secondo varie testimonianze dirette e ricostruzioni storiografiche, l’ingresso dei partigiani nella città avvenne senza combattimenti urbani di rilievo, né scontri aperti. I tedeschi avevano già evacuato la città nella notte tra il 2 e il 3 maggio. Tuttavia, nei giorni immediatamente precedenti, i danni subiti furono ingenti: le forze tedesche, nell’abbandono strategico del territorio, distrussero sistematicamente impianti ferroviari, infrastrutture industriali e il porto.
Mentre i partigiani giungevano da Sussak attraversando il ponte sull’Eneo, i cittadini fiumani rimasero per lo più chiusi in casa, in una condizione di attesa e timore. Le fonti testimoniano un’atmosfera sospesa, fatta di silenzi, rifugi antiaerei e rumori sordi di esplosioni. La popolazione appariva stremata da anni di guerra, isolamento e repressione, e incapace di manifestare apertamente né entusiasmo né opposizione.
📚 Narrazioni divergenti: liberazione o occupazione?
L’evento del 3 maggio viene ricordato in modi diversi e spesso contrastanti. La storiografia jugoslava e l’odierna memoria istituzionale croata celebrano la data come il giorno della liberazione di Fiume/Rijeka dal nazifascismo, parte integrante dell’epopea resistenziale e antifascista jugoslava. Ogni anno si svolgono commemorazioni pubbliche, cerimonie e omaggi alla memoria dei combattenti caduti, con particolare enfasi sul contributo della IV Armata e sull’importanza strategica della città nella “Corsa per Trieste”.
D’altro canto, una parte consistente della memoria italiana – specialmente tra gli esuli e i loro discendenti – vive quel giorno come l’inizio di una nuova occupazione. Le fonti legate a quest’ultima visione parlano di freddezza, di arresti arbitrari avvenuti la notte stessa del 3 maggio, e della rapida instaurazione di un potere repressivo attraverso l’OZNA, la polizia politica jugoslava. La morte violenta di figure politiche locali come Mario Blasich, Riccardo Gigante e Giuseppe Sincich, nelle notti successive all’ingresso partigiano, viene ricordata come segnale precoce dell’epurazione politica e del clima di paura che seguì.
🗺️ Memoria contesa, città plurale
Il 3 maggio a Fiume non è solo un punto di svolta militare, ma una frattura nella memoria collettiva, in cui il confine tra liberazione e imposizione, tra fine della guerra e inizio dell’esodo, si fa poroso. Questa ambivalenza è riflessa anche nelle memorie orali raccolte dagli storici: per alcuni, il giorno segna la liberazione dal giogo fascista; per altri, l’inizio di un processo traumatico di perdita, espropriazione e marginalizzazione.
La data del 3 maggio 1945 continua a resistere alla pacificazione della memoria: in essa si riflettono le tensioni irrisolte di una città di confine, ferita e trasformata. Fiume/Rijeka, crocevia di lingue, culture e sovranità, ha vissuto quella giornata come spartiacque emotivo e politico.
Riconoscere questa pluralità di memorie – senza appiattirle in una narrazione univoca – è forse l’unico modo per restituire dignità storica ai vissuti, alle paure e alle speranze di chi attraversò quei giorni incerti. In questa consapevolezza risiede forse la chiave per comprendere la Fiume di ieri e di oggi: una città dalla memoria stratificata, ma mai silenziosa.